martedì 20 novembre 2007

Un volontariato che diventa carità

L'augurio della comunità cristiana
Nell’ambito del IX centenario della fondazione della Cattedrale di Cremona e della festa di S. Omobono, si è svolto, lo scorso 11 novembre, il “pellegrinaggio del volontariato e degli operatori della carità”: gli stralci dell’omelia del vescovo che riportiamo vogliono essere l’augurio della comunità cristiana a tutto il mondo del volontariato e “a tutti gli uomini di buona volontà”.
Don Luigi

Mi sembra che un primo messaggio è che l’amore di Dio e l’amore dell’uomo sono inseparabili.
Quando nella prima lettura (Mac 7,1-2.9-14) abbiamo ascoltato il martirio di questa famiglia, perché non ha voluto rinunciare a restare fedele al Dio dell’Alleanza, è evidente che ciò che sottostà alla decisione di questi giovani e alla decisione della loro madre è chiaramente la consapevolezza che Dio merita di essere amato sopra ogni cosa.
Dio è l’unico, ed ecco perché il valore dell’amore di Dio è un valore assolutamente non negoziabile, mai, in nessuna circostanza. I martiri sono coloro che dicono con la loro vita che in corrispondenza all’amore che hanno ricevuto da Dio vogliono rendere l’omaggio del proprio amore in maniera totale e indiscutibile. È dentro questa prospettiva dell’amore di Dio come l’unico, dell’amore nei confronti di Dio come valore assolutamente irrinunciabile, che prende corpo anche la certezza della Risurrezione: noi siamo certi della Risurrezione perché il Signore Gesù, Colui che ha consumato la propria vita nell’atto supremo dell’amore di Dio obbedendo al disegno di salvezza, è Colui che è risorto. Sicché il suo atto d’amore nei confronti del Padre fa un tutt’uno con l’atto di amore del Padre nei suoi confronti che lo risuscita da morte. Ecco perché nel quadro dell’amore di Dio, amato come l’unico, come il tutto sopra ogni cosa, prende consistenza anche la certezza della Risurrezione.
E noi cristiani viviamo la bellezza, la profondità, la ricchezza del nostro amore per Dio esprimendo e quasi dando corpo, visibilità a questo amore attraverso l’amore per il prossimo. E questo ci permette di capire immediatamente un rapporto molto stretto che c’è nella carità, nella vita, così come la comprendiamo e cerchiamo di viverla noi cristiani: le opere della carità verso i nostri fratelli sono inseparabili dalla preghiera come gesto di amore che riconosce, che adora Dio come l’unico e il nostro Bene supremo.
È fuori dubbio che sant’Omobono è un santo esemplare della carità, ma lo è altrettanto per la preghiera. Un uomo di grande preghiera che è morto chinandosi in adorazione davanti alla croce mentre partecipava come ogni giorno all’Eucaristia.
Ecco mi piacerebbe che il primo messaggio che raggiunge voi tutti operatori della carità sia proprio questo: che la vostra carità, le vostre opere, il vostro servizio della carità sia inseparabile dalla preghiera. Nell’amare il nostro prossimo deve emergere che noi amiamo Dio. Così come nella ricerca di Dio attraverso la nostra preghiera emerge che noi abbiamo bisogno di testimoniare nella carità concreta del prossimo la forza che ci viene data dalla preghiera. Dunque opere di carità, servizio nella carità inseparabile dalla preghiera.
Ma c'è anche un altro aspetto che mette in evidenza la carità che noi viviamo verso il nostro prossimo come espressione di quell’amore di Dio e come partecipazione al mistero della Risurrezione. Perché le opere della carità, così come Gesù ce le suggerisce, ce le propone, sono le opere che manifestano chiaramente la nuova vita del cristiano, la nuova vita che prende inizio dalla Risurrezione. Pensiamo per esempio a quella pagina notissima del Vangelo dove si parla del Giudizio e dove il Re che siede sul trono giudicherà in questi termini: avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere. Ma in che maniera si può dire, è vero, che quel che io faccio al più piccolo dei fratelli lo faccio a Lui se Egli non è il Risorto, il Vivente? Ecco perché la mia carità è la testimonianza della mia certezza della Risurrezione. Ecco perché la carità diventa l’espressione di quello stile di vita che Paolo in altre lettere definisce come il desiderio, l’impegno di cercare le cose di lassù, il che significa riscoprire la presenza di Dio quaggiù, nella storia, negli avvenimenti, nelle persone, soprattutto quelle che il Signore chiama «i miei fratelli più piccoli». Allora la carità è testimonianza della vita nuova di risorti.
E c’è un ultimo insegnamento che mi pare di poter raccogliere sia da sant’Omobono che dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato. Ed è che le opere di carità hanno a cuore, hanno interesse per la persona nella sua integralità, nella persona che è corpo e che è spirito. Non per niente la tradizione della Chiesa ci ha abituato a pensare che accanto alla opere di misericordia corporale ci sono le opere di misericordia spirituale.
È importante per quanti operano con spirito cristiano nell’ambito della carità mantenere saldamente congiunta la totalità della persona attraverso la carità che va incontro ai bisogni fisici dell'uomo, ma va incontro anche ai suoi bisogni spirituali. Perché l’uomo che vogliamo aiutare e che vogliamo servire, partendo dall’immagine dell’Uomo nuovo che è il Cristo risorto, è l’uomo nella sua integralità, nel suo destino eterno, nella sua partecipazione già da qui alla Risurrezione. E io penso che questa attenzione è proprio la connotazione che permetta alla carità di definirsi e riconoscersi come carità evangelica, carità cristiana.
Non pensate che è proprio anche nella testimonianza di una carità così ispirata, così vissuta che noi possiamo immergerci dentro la storia della società per testimoniare quel qualcosa di nuovo, quel qualcosa di grande, quel qualcosa di diverso, quel qualcosa di più che la nostra appartenenza al Signore Risorto ci permette di testimoniare nella condivisione di opere che materialmente sono identiche a quelle compiute dalle istituzioni civili o da tante altre persone che non sono credenti?
† Dante Lafranconi, vescovo

Nessun commento: