lunedì 15 dicembre 2008

1 COR. 13

Ovvero un sogno che può diventare realtà
La Chiesa sta celebrando in questi mesi l’“Anno di San Paolo” ed è proprio questo grande apostolo che scomodiamo per raccogliere qualche considerazione e un augurio.
Leggiamo nella prima lettera ai Corinzi (13, 1-13):
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.
La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.(...)
Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità.
Certamente è un testo noto e affascinante, da collocare in un preciso contesto: l’autore lo scrive ad una comunità cristiana. Ma, senza eccessive forzature, penso lo si possa rileggere, sostituendo al termine carità il termine solidarietà oppure il termine volontariato; e, se vogliamo andare avanti a giocare con le parole, proviamo a metterci convivenza civile.
Lascio a ognuno lo sfizio di questo piccolo esercizio, ma, come esempio, prendo una frase del testo paolino sopra citato:
La solidarietà (il volontariatola convivenza civile) è paziente, è benigna; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.
Ognuno, se vuole potrà completare questo gioco, ma il gioco più bello lo sperimentiamo in una duplice scoperta: la prima è ancora una volta la sorpresa che la proposta cristiana è estremamente significativa (anzi, ne è il sapore...) per il nostro vivere di uomini e donne; la seconda è la consapevolezza che esiste uno stretto collegamento – verrebbe da dire un interdipendenza – tra la solidarietà, che si esprime in molteplici forme di volontariato (associato e “pubblico”, ma anche personale e spicciolo) e che diventa il collante indispensabile per un’autentica convivenza civile.
Sempre prendendo spunto da San Paolo, accorgiamoci di quante risorse, competenze e potenzialità si vanificano quando l’interesse personale non lascia posto alla solidarietà, quando il qualunquismo e la pigrizia che diventa sistema di vita ridicolizzano o criticano con pignoleria gratuita e pettegola le persone che dedicano il proprio tempo al volontariato, quando la convivenza civile è scardinata dalla ricerca smodata dei propri comodi.
Quanta gente vivrebbe molto meglio sotto ogni punto di vista e si godrebbe di più la vita se la sapesse mettere a servizio degli altri!
Grazie, allora, alle “Aquile” – che, come sempre, gentilmente mi ospitano su questo giornale (e che anche quest’anno non sono mai mancate quando la Parrocchia ha chiesto un aiuto per meglio servire la comunità) – e a tutti quelli che, come loro e in tantissimi altri modi, si danno da fare, per costruire una convivenza civile che, per usare le parole di un altro grande Paolo – ma questa volta è il papa Paolo VI – preferirei chiamare la “civiltà dell’amore”.
E gli auguri? Che tutto questo non sembri utopia ma impegno e stile di vita esaltante e umanizzante per ogni abitante di buona volontà del nostro paese.
Don Luigi

Nessun commento: