lunedì 12 dicembre 2011

Volontariato di Protezione Civile ieri... oggi... e forse domani...

Dieci anni fa, quando insieme ad altre persone abbiamo fondato questa associazione, lo spirito che ci animava era quello della solidarietà e dell’aiuto verso il prossimo, in particolare verso le persone in difficoltà colpite da calamità naturali; questa azione, inizialmente pensata e destinata solamente alla popolazione cremonese colpita dalle alluvioni del 2000 e del 2002, ci ha visto poi andare in aiuto di popolazioni di tutta Italia.
Non sentendoci "sfruttati" appieno in tempo di "pace" con il gruppo abbiamo iniziato collaborazioni laddove ci è stata richiesta una mano, come è successo per esempio nel caso di alcune associazioni che aiutano i disabili; questo per riaffermare che la nostra scelta non era quella di restare in attesa, ma di metterci a disposizione di chi avesse bisogno di un aiuto o di un semplice sostegno morale.
Cercavamo con l’esempio di contagiare le altre persone – alcune divenute nuovi volontari poi – ad aumentare il senso civico, a superare un individualismo diffuso ed abbracciare la strada della solidarietà gratuita che contraddistingue il volontario.
Naturalmente la nostra scelta di un volontario molto specifico ci ha fatto entrare in un sistema a livello nazionale, quello della Protezione Civile appunto, che è caratterizzato da regole, da procedure, da leggi specifiche, ecc...
Se da una parte questo è senza dubbio positivo – si consideri l’obbligo di assicurare il volontario, l’obbligo di una continua formazione-informazione e la tutela del posto di lavoro –, dall’altro con il tempo ci ha per certi versi rinchiusi in una gabbia amministrativo-burocratica con gli enti pubblici di riferimento, a livelli diversi, che da collaboratori sembrano talvolta diventare censori, da dispensatori di indicazioni utili e di spunti di condivisione sembrano divenire elargitori di giudizi e promotori di individualismi.
Guardiamo l’esempio dell’ultima alluvione in Toscana e Liguria. Benché parecchi volontari di Protezione Civile – 3 squadre solo del nostro gruppo, ma lo stesso vale per molti gruppi – fossero pronti a partire in aiuto di quelle popolazioni ne sono stati attivati solo 12 della nostra provincia (una tra le più vicine all'evento tra l'altro) per una sola settimana. Mancanza di risorse? Di denaro pubblico? (Ma molti gruppi come il nostro sono autonomi, in grado di autofinanziarsi e con volontari che chiederebbero le ferie pur di poter aiutare quelle popolazioni.) Mancanza di condivisione del nostro spirito di volontari? Non saprei... rimane il fatto che la gente – quella più attenta – si chiede perché in quelle zone si siano visti più ragazzi con le mani nude – intendiamoci, tanto di cappello per lo slancio di generosità, ma i volontari di Protezione Civile si strutturano e si addestrano continuamente proprio per far fronte in maniera organizzata alle emergenze – che volontari con le nostre divise gialle e blu.
Ci sentiamo talvolta come leoni in gabbia, ben addestrati e ben attrezzati, ma in gabbia, e in una gabbia le cui chiavi vengono tenute da un custode che ha il compito di tenerci a bada e controllarci. Come conciliare allora questo spirito altruistico e solidaristico che ci contraddistingue con questa realtà che sembra volerci operativamente limitati alla sola preparazione?
Questo andrebbe fatto capire alla gente che ci osserva, ma soprattutto va fatto capire – ma ci si riesce molto meno – ai nostri volontari che entrano carichi e desiderosi di operare e poi si trovano fermi, sotto osservazione. O addirittura sotto inchiesta, come son riusciti a fare i media nei confronti dei volontari per il caso di Yara. Oppure nel processo mediatico che ha gettato fango su Guido Bertolaso e di conseguenza anche i suoi collaboratori, volontari compresi. Riprendendo le sue parole... «In più, il fango nel ventilatore e coloro che a secchi alimentano questa operazione, colpiscono senza alcuno scrupolo non solo la vittima designata, ma anche tutte le persone che costituiscono la rete dei rapporti di vita di ciascuno, la moglie, i figli, i parenti, gli amici. Nel mio caso, anche le migliaia di persone che lavorano nella Protezione Civile italiana, specie coloro che vi si impegnano da volontari, che inevitabilmente si accorgono che qualche schizzo di questa tempesta puzzolente arriva anche sulle loro uniformi.» 
Ci accontentiamo allora di scorrazzare con i nostri bei mezzi o vogliamo che con questi mezzi si porti aiuto gratuito a gente e/o persone che ne hanno bisogno? Dobbiamo restare nella nostra torre d’avorio oppure essere attivi nella comunità che ci ospita e ci ha sempre aiutato, simbolo di senso civico, esempio di collaborazione con altre associazioni di volontariato operanti e promotori di attività continue?
È questa la Protezione Civile che vogliamo? È questa la direzione che si vuol prendere dopo aver fatto fuori Bertolaso? Che futuro hanno in mente per noi i nostri politici? E noi, ci sentiamo ancora appagati da tale scelta di volontariato oppure, vedendo quello che ci succede attorno, siamo portati a chiederci se scegliere un’altra tipologia di volontariato, come, ad esempio, un’associazione di mutuo aiuto libera da pastoie burocratiche?
In ogni caso io e tutte le persone che si stanno impegnano vogliamo essere VOLONTARI di solidarietà gratuita e mettere il proprio tempo libero al servizio del prossimo in difficoltà... ...lasciatecelo fare vi prego!
Maurizio Stradiotti

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